Non sarò “turista
sacco a pelo”, in quanto non ritengo che il mondo lo
si debba necessariamente vedere “in scomodità”.
È molto diffusa “l’esaltazione della sofferenza”,
infatti raccontare quanto si è patito per arrivare alla
città X o andare a vedere il sito archeologico Y, rende
la storia più fascinosa. Ho ascoltato tante storie di “scippi”,
di dissenterie, insolazioni, raffreddori dovuti all’aria
condizionata “a palla”; insomma alla fine
il punto centrale non era la bellezza del luogo visitato o delle
persone incontrate, ma la difficoltà di reperire un’aspirina
o ottenere il duplicato del passaporto. Pochi tengono conto del
fatto che anche a Zurigo ci sono i ladri e il mal di testa non
rende più esaltante la visita alle rovine di Machu Pichu.
La scienza poi ha fatto miracoli!
Per quel che mi riguarda, dopo essere stato in giro tutto il giorno,
tornare in una confortevole stanza d’albergo, farsi una
doccia e poi scendere al bar per bere un gin & tonic prima
di cena è stato sempre un piacevole rituale a cui mi sono
attenuto e che consiglio. Non sempre però è stato
possibile, e a volte mi sono dovuto portare dietro polvere e sudore
per molti giorni o accontentarmi di una improbabile bevanda gassata
in una hall d’albergo frequentata, nel migliore dei casi,
più dalle mosche che dalle persone. Senza arrossire confesso
che al martirio della sofferenza, preferisco l’estasi del
comfort. Inoltre, ritengo che non sia indispensabile essere Indiana
Jones o saper condurre un camion per attraversare il deserto del
Gobi.
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