AD OVEST DI ST. LOUIS
La prima impressione che si ha osservando la carta degli Stati Uniti d’America è quella di un paese diviso in due da una invisibile quanto inspiegabile linea di confine; da una parte c’è l’est la costa atlantica per intenderci, fitta di strade, città, fiumi, laghi, ruscelli e quant’altro mentre dall’altra parte tutto si fa più rado e deserti e foreste assediano i lontani tra loro centri urbani, divisi da infiniti canyon.
Sembra come se i primi coloni arrivati dall’Europa dopo quella interminabile traversata, ancora scossi dal rollio della nave e da interi giorni passati in compagnia della paura dello sconosciuto e di un perenne mal di mare, una volta arrivati si fossero gettati esausti sulla riva senza più né voglia nè forza di andare avanti. Questo spiega perchè anche la storia è voluta rimanere sulle rive dell’atlantico e dintorni per accapigliarsi sulla Dichiarazione d’Indipendenza, morire lì tra gli abolizionisti del nord e gli schiavisti del sud o al massimo spingendosi in Texas sotto le mura di Alamo per difenderla inutilmente dal Deguello del messicano generale Santana.
Ma la vera “scoperta dell’America” o meglio “dell’altra America” la si deve a quei tanti sconosciuti che sono morti “solo”per arrivare al grande oceano Pacifico, incuranti dell’implacabile sole del Colorado, delle mosche del Nebraska, del freddo dell’Idaho, delle malattie che si erano premurosamente portati da casa e degli indiani sparsi un po’ dovunque.
Ci sono voluti anni ed anni prima che la letteratura e il cinema si ricordassero di loro , di quei “Mr e Mrs Nessuno” venuti fuori da un tempo lontano con ancora addosso la fatica, la polvere, la sabbia e…. le frecce indiane.
Così ci siamo accorti che i traballanti carri della “Carovana della Libertà” e quelli di “Là dove scende il fiume” si erano spinti “dall’altra parte”, per raggiungere il sogno americano sulle sponde della California o nella fertile terra dell’Oregon molto tempo prima della grande depressione del 29, quando le sconquassate macchine di “ Furore” stracariche di “Uomini e topi” si lasciarono alle spalle “La via del tabacco”, dirette verso la speranza di un futuro migliore e delle arance da raccogliere ad un mutevole cent a cesta.
Ed allora un po’ per merito della Los Angeles di Hollywood, un po’ per il cuore di Frank Sinatra lasciato a S. Francisco, un po’ grazie ai computer della Seattle di Bill Gates il mondo ha realizzato che…… ad ovest di St Louis è ancora America.
Ma lì non ci sono le calde spiagge di Miami o i grandi e sempre illuminati magazzini di New York dove è Natale 365 giorni l’anno, ed il comprare l’ultimo modello di una qualsiasi cosa (dal cellulare al jeans) è il consumistico attestato dell’ “ io ci sono stato”: li, ad ovest di St Louis ci si va solo per fermarsi meno del necessario. Perché? non lo so, forse perché c’è un aereo che parte o perché quello che si è visto ad est è sufficiente per credere di aver capito un paese dove solo la torta di mele, i fuochi d’artificio del 4 luglio, i dolcetti di Halloween, il tacchino del Giorno del Ringraziamento resistono ai cambiamenti di un frettoloso vivere.
Ed io invece ci andrò o meglio ci tornerò, andrò nei territori della “Grande nazione indiana, andrò disordinatamente lungo i tanti “Oregon trails” nella speranza di perdermi con calma e tranquillità in quei posti dove anche la storia è passata in “fretta e furia” fermandosi giusto il tempo di bere una birra e a volte dimenticandosi di pagare il conto. Spero di trovare ancora chi mi affiderà quella corrispondenza piena di ricordi di ieri incaricandomi di recapitarla all’affascinante quotidiano di oggi, spero di scovare da qualche parte la Storia e la Cronaca e invitarle a sedersi accanto a me lungo il Missouri ad ovest di St Louis, per ascoltare i loro incessanti cicalecci e quegli eterni battibecchi senza pretese. Ovviamente le immagini accompagneranno lo scritto in quanto recentemente mi sono accorto non riesco più a raccontare senza la compagnia di una fotografia di un tramonto, di un alba o semplicemente di un cane che ulula ad una luna che non c’è.
Il Tempo ?.......
se vorrà potrà aspettarmi all’aeroporto in compagnia della Fretta: ma se fossi in loro non farei affidamento sulla mia puntualità, anzi…. che partano pure senza di me, io ho altro da fare.
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