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Lacune
da colmare
Molti
mi hanno scritto chiedendomi come mai, di un viaggio nato in Umbria
ed iniziato a Roma, non abbia però scritto dell’Umbria
e di Roma. Ed allora colmo subito questa mia “disattenzione”
iniziando dal posto dove vivo cercando di raccontarlo e di farlo
vedere.
Quando penso a Roma penso ad una grassa signora che siede nella
portineria del quartiere Prati, il quartiere che considero lo spartiacque
tra il moderno e l’antico, il centro e la periferia ed allora
così la racconterò. Fotografarla poi è difficile:
le antenne televisive spezzano i tramonti e la segnaletica stradale
fa capolino dispettosa un po’ dovunque ed inoltre la visione
del quotidiano trasforma in normale l’eccezionale. Ho preso
dei “pezzi” di Roma e li ho raccolti, offrendoli come
invito a chi ancora non ha visto l’insieme della sua bellezza
e lasciandoli in ricordo a chi ha già avuto questo privilegio.
Dell’Umbria parlerò a settembre, perché quello
è il suo tempo.
Lei, la signora Roma
Da un tempo immemorabile di cui nessuno ricorda il principio,
Lei vive nella portineria di un vecchio condominio, che nonostante
sia un po’ fuori mano ed arrivarci non sia agevole, è
incessante meta di visitatori e turisti venuti un po’ da tutto
il mondo spinti dagli entusiastici racconti di chi c’è
già stato.
Si infilano silenziosamente nel vecchio portone umbertino e siedono
intimiditi a riposare all’ombra di quei giganteschi pini ad
ombrello che si trovano nell’ampio e disordinato cortile,
sopraffatti dalla bellezza del luogo dove il penetrante profumo
di tigli e oleandri si mescola con quello meno piacevole degli onnipresenti
gatti .
I vari proprietari che si sono succeduti nell’arco del tempo
hanno voluto caratterizzare l’aspetto del palazzo ciascuno
seguendo la moda del momento, l’estro degli architetti, la
disponibilità finanziaria o semplicemente l’esigenze
di un affittuario con una famiglia troppo numerosa, ottenendo come
risultato un monumento, unico nel suo genere, alla “storia
del prima”. Così, accanto a quel capitello corinzio
dove sicuramente in passato si è appoggiato un viandante
venuto da una lontana provincia dell’impero, c’è
una nerboruta quanto impudica statua stile “ventennio fascista”
mentre la rinascimentale facciata interna fa da sfondo ad una allegra
e fronzoluta fontana coppedè, proprio accanto ad un tempietto
dedicato ad un dio di cui si è dimenticato il nome.
Lei, la signora Roma, non si cura molto dell’ordine e della
pulizia o almeno ha smesso di farlo da molto, lascia fare agli inquilini
non sempre educati che in assenza di un regolamento condominiale
apportano modifiche un po’ dovunque allargando un pianerottolo,
creando un ballatoio esterno, aprendo una finestra o affrescando
una parete in un incessante andirivieni di capi mastri e operai
che si lasciano dietro nel migliore dei casi una scia di indelebile
calcina. Ogni tanto qualche amministratore fresco di nomina preso
dalla “solerzia del neofita”, tenta di riportare ordine
là dove l’unica regola riconosciuta e accettata da
tutti è quella di un allegro e spensierato disordine di cui
però è buona norma lamentarsi “sempre e comunque”,
come se le colpe fossero imputabili non a loro ma a quelli del palazzo
adiacente.
Nonostante abbia una certa età non cessa di imbellettarsi
con cura e sorridere sfacciatamente ammiccante anche all’ultimo
arrivato. Ma il tempo impietoso passa per tutti e il medico leggendo
le sue analisi corrugando la fronte le ha vietato categoricamente
quegli intingoli un po’ troppo unti per cui va famosa. Lei
però, noncurante delle raccomandazioni, continua a muoversi
con successo tra i fornelli e le pentole della cucina della portineria,
facendo salirne gli effluvi sino su agli ultimi piani. Se poi è
di buon umore, il che accade spesso, cucina generosamente per tutti
coloro che in quel momento si trovano nel cortile, creando una chiassosa
e gioiosa atmosfera ove non è importante parlare la stessa
lingua ma piuttosto sapersi capire e ridere con lo stesso sguardo.
Quando scende la sera e la penombra nasconde le sue rughe e quel
trucco un pò troppo marcato al limite del volgare, trascina
la sedia di paglia che miracolosamente regge ancora il suo corpo
appesantito all’ingresso del portone, attardandosi a civettare
spettegolando con tutti e di tutto, con chiunque abbia voglia di
raccontare o di sentirla ricordare. Ricorda il passato della sua
giovinezza quando il mondo era ai suoi piedi, progetta il futuro
perché Lei è Eterna, sorride orgogliosa del presente
e lascia che ognuno si porti via nella memoria il lampo di un tramonto,
un improvviso acquazzone autunnale, la luce che all’alba tarda
ad illuminarla rispettosa della sua pigrizia.
E’ facile amarla per una notte ma è più difficile
sceglierla come “compagna per tutta una vita”: parla
a voce troppo alta, la sua eleganza a volte cede il passo ad una
più comoda sciatteria, cambia repentinamente umore, è
permalosa, è tanto infedele nell’amore quanto fedele
nella passione,nel suo strascicato caratteristico idioma sbaglia
quasi sempre gli avverbi, confondendo poi condizionali con congiuntivi
e futuri ipotetici.
Ma di Lei si parla e si continuerà a parlare in quell’
interminabile racconto dove nessuno sa dove finisca la storia ed
inizi la leggenda, dove tutti vivono la cronaca di ciò che
è accaduto oggi aspettando“il sentito dire” di
ciò che potrebbe accadere domani
Il mondo cambierà arrendendosi ad un futuro confuso e pieno
di incognite, ma la signora Roma sarà sempre lì nella
sua portineria, ad accogliere sorridente quanti vorranno visitare
il cortile del palazzo e riposarsi all’ombra di quei buffi
pini ad ombrello cercando di rubare pezzi della sua storia, assaggiare
i sapori forti della sua cucina o rimanere seduti senza nulla da
dire avvolti dal discreto rumore della fantasia che scriverà
con un inchiostro indelebile, nell’almanacco dei ricordi di
una vita, parole e frasi di un incontro unico. |
Filling
the Gaps
Many
people have written to ask me why, in describing a trip that was
conceived in Umbria and started in Rome, I wrote nothing about Umbria
or Rome. Therefore, I will immediately make up for this “oversight”
by starting with where I live, attempting to portray it and help
people visualise it.
When I think of Rome, I think of a portly woman seated at a doorman’s
desk in the Prati district, the neighbourhood I consider the watershed
between ancient and modern, centre and outskirts, and so this is
how I will describe her. She’s hard to photograph, as television
antennas break up sunsets and road signs annoyingly crop up virtually
everywhere. Moreover, the vision of everyday life transforms the
extraordinary into the commonplace. I have taken “fragments”
of Rome and put them together, offering them as an invitation to
those who have not yet seen her beauty as a whole, and leaving them
as memories for those who have already had this privilege.
As to Umbria, I will talk about her in September, for that is her
season.
Lady
Rome
Since
time immemorial (no one remembers that far back), she has lived
in the lobby of an old condominium. Although it is out of the way
and rather difficult to reach, the place has become the constant
destination of visitors and tourists who come from all over the
world, inspired by the enthusiastic descriptions of those who have
already been here.
They walk silently through the old main entrance, built in the style
of Umberto I, and timidly sit down to rest in the shade of the enormous
umbrella pines in the large and disorderly courtyard. They are overwhelmed
by the beauty of this place, where the heady scent of lindens and
oleanders blends with the less pleasant stench of the ubiquitous
cats .
The different owners who have succeeded each other over the years
respectively decided to leave their mark on the building, each following
the current trend, the creative ideas of architects, whatever they
could afford or even just the needs of some renter with an overly
large family. The result is a unique monument to the “history
of before”. As a result, alongside the Corinthian capital
on which a wayfarer from a distant province of the Roman Empire
undoubtedly leaned to rest in the past, there is a brawny, immodest
statue in the “twenty-years-of-Fascism” style. The internal
Renaissance façade serves as the backdrop for a cheerful
and overblown Coppedè fountain set next to a shrine dedicated
to a god whose name has been forgotten.
She – Lady Rome – does not pay much attention to cleanliness
and order (in any event, she stopped doing so long ago). She lets
her tenants, who are not always well-mannered, do as they please
and, given the lack of condominium regulations, they make any changes
they want, enlarging a landing, adding a balcony, creating a window
or frescoing a wall, with the incessant bustle of master craftsmen
and workers who, in the very best of cases, leave indelible lime
mortar in their wake. Every so often, a newly appointed administrator
gets carried away by “beginner’s zeal” and tries
to bring order to a place where the only rule that is acknowledged
and accepted by all is that of cheerful and carefree disorder. Nevertheless,
it is a good rule of thumb to complain “always and everywhere”
about that disorder, acting as if the residents of the next building
were naturally to blame.
Although she is getting on in years, she always applies her makeup
carefully and gives newcomers a brazen, beguiling smile. But time
is ruthless no matter who you are, and when her doctor read the
results of her blood test, he wrinkled his forehead and categorically
banned the greasy sauces for which she is famous. Heedless of his
advice, however, she continues to dabble productively amidst her
pots and pans in the doorman’s kitchen, and the smell of her
cooking reaches the top floors. If she’s in a good mood (which
is quite often), she generously cooks for anyone who happens to
be in the courtyard, creating a lively and cheerful atmosphere.
It doesn’t matter if people don’t speak the same language:
the important thing is to understand each other and laugh together.
When evening falls and the semidarkness conceals her wrinkles and
heavy makeup, which borders on vulgar, she takes her straw-seated
chair – which miraculously still manages to hold her heavy
body – and drags it over to the entrance, flirting and gossiping
with everyone about everything, and chatting to anyone willing to
tell their tale or listen to her reminisce. She recalls her youth,
when the world was at her feet, and plans her future (after all,
she’s eternal). She smiles proudly about the present and lets
everyone take away the memory of a dazzling sunset, a sudden autumn
rain shower, the light of dawn that hesitates to illuminate her,
respecting her sluggishness.
It’s easy to love her for a night, harder to choose her as
“a lifetime companion”. She talks too loudly, her elegance
sometimes gives way to more comfortable sloppiness, her moods change
suddenly, she’s touchy, and she’s as faithless in love
as she is loyal in passion. And in her distinctive drawling dialect,
she almost invariably gets her adverbs wrong and is confused by
conditionals, subjunctives and future tenses.
But people talk about her – and will continue to do so –
as part of that endless saga in which no one understands where history
ends and legend begins. In which everyone is part of the chronicles
of what happened today, as they await the “hearsay”
of what could happen tomorrow.
The world will change, giving in to a confused future full of unknowns,
but Lady Rome will always be there in the lobby with a welcoming
smile. She’ll greet all those who want to visit the courtyard
of her building and relax for a moment in the shade of those odd
umbrella pines, seeking to steal parts of her story, savour her
piquant cooking or just sit there without saying a word, enveloped
by the quiet buzz of the fantasy that she will jot down indelibly
in the almanac of the memories of a lifetime, the words and phrases
of a one-of-a-kind encounter |